giovedì 25 marzo 2010

Il cercatore di oggetti perduti

Spiaggiato sulle rive della memoria
Passeggiava ossessivamente sulla sabbia umida
di un lungo e duro inverno della patria
Nelle orecchie il ronzio delle cuffie
Cantava neri rumori di libertà svanite,
perse e sepolte sotto miliardi di innocui granelli di sabbia
Nella mano, una pertica tecnologica,
braccio bionico proteso al mondosondava metalli dell’anima
Ori e argenti cercava,
moltitudini di piombo e rugginosi ferri
trovava.
Intorno il vento spalmava sabbie altrimenti volanti
A offuscare ulteriormente cose,
anime e animali.
Li mentre il cercatore di oggetti perduti ripiegato su se stesso,
dubbioso rallentava
Lui e Lei,
Si stringevano, si amavano, si guardavano
In quella arena fatta nebbia
Si specchiavano in quell'uomo
Cercatori di sentimenti perduti
Camminatori di sentieri ritrovati

Al vento della passione,
ora accecati,
ora di radiosa luce, illuminati
Dolcemente
la tormenta di sabbia li ha portati

sabato 13 marzo 2010

la rivoluzione delle strisce pedonali


nonostante tutto, le inveterate abitudini degli automobilisti italiani di fronte alle quella sorta di animale da zoo che è la zebra pedonale, sono ancora improntate a criteri colonialisti. Se fermarsi di fronte ad un pedone che attraversa, ogni tanto può essere una cortesia visibile è l'atteggiamento di fronte al pedone fermo che non riesce proprio a motivare i nostri piedi stanchi fino a far loro premere sul pedale del freno. Da molti mesi ormai sono a spasso più a piedi che in auto e osservo.

Vorrei allora fare una osservazione in controtendenza: non sarà colpa dei pedoni troppo timidi se il cacciatore-automobilista non vede la zebra?.

Propongo allora ai più giovani, aitanti, pronti di riflessi tra i pedoni una battagli personale, costante, con la forza della goccia che poco a poco, giorno dopo giorno, anni dopo anni, scava.

Quando siete in prossimità delle strisce, buttate un'occhiata a sinistra, calcolate in un colpo solo distanze, velocità, secondi, poi portate gli occhi sull'automobilista che sta sopraggiungendo. Fissatelo intensamente, con uno sguardo di quelli che si vedono nei vecchi indimenticabili western di Sergio Leone (e se li avete dimenticati andateli a rivedere).

Tenetevi pronti, assicuratevi che il cacciatore vi abbia visto, concentrate tutta la vostra attenzione su di lui, chiamatelo, telepaticamente.

Poi quando la sua auto sarà ad un metro da voi, fate un passo, uno solo, una finta ma decisa, fate capire che potreste farlo, che potreste voler attraversare quel lembo di strada zebrato. Ritraetevi poi con velocità e decisione pari a quelle con cui avrete fatto il passo avanti. Tutto senza staccare lo sguardo.

POI

Se rallenta, ma non riesce a fermarsi aprite le braccia in un'espressione molto chiara: “che cafone che sei”, ma ancora pronti e vigili... che il prossimo cacciatore è lì dietro che arriva.

Se invece riesce a fermarsi, godetevi lo stridio dei freni e delle gomme (i suoi e di quelli dell'auto dietro), l'espressione da beota italico piuttosto arrabbiato, lasciate passare tre interminabili secondi da quando si è fermato, mantenete lo sguardo fisso nei suoi occhi e lentamente deciso, attraversate la zebrata con passo signorile e altezzoso.

A forza di vincere battaglie è impossibile perdere la guerra!

venerdì 5 marzo 2010

L'arte di governare

L'arte di governare
(H. Maturana, traduzione Riccardo Pieri, pubblicato sulla rivista Parentesis, Santiago 2005)


L'espansione della creatività tecnologica e il nostro atteggiamento di meraviglia per ciò che si può fare con essa, ci porta a pensare, nel nostro presente storico, che magari tutti i problemi umani si possano, o si potrebbero risolvere con essa. Tutto sembra così semplice. Senza dubbio ci sono ingegno, dedizione e volontà per fare tutto ciò che attualmente si può fare in ingegneria, comunicazione, medicina, robotica. Allo stesso modo si pensava quando, nei secoli XVIII e XIX, cominciò la grande espansione del pensiero razionale e delle spiegazioni scientifiche, a partire dal sentire intimo che la ragione avrebbe abbattuto gli abusi, le ingiustizie, i fanatismi, con la fiducia; che i governanti illuminati, avrebbero accompagnato l'umanità nel cammino della giustizia e del benessere. Non è stato così, e ora sembra che abbiamo riposto le nostre speranze nella tecnologia.

Guardiamo un attimo gli esseri viventi. Anni addietro, mentre studiavo medicina, nel corso di fisiologia dovetti fare un lavoro sperimentale. Io scelsi quello che allora chiamai uno studio sull'apprendimento. Era il 1951, la dott.ssa Teresa Pinto aveva portato alcuni macachi e mi propose di lavorare con loro. Io proposi di osservare quanto tempo occorreva ai macachi per apprendere a distinguere tra un quadrato e un cerchio. Il mio progetto di studio e il mio procedimento furono approvati dai docenti del dipartimento di fisiologia. Il macaco doveva scegliere la cassa che aveva disegnato sopra un cerchio e non quella con il quadrato, qualsiasi fosse la sua posizione nello spazio sperimentale, dopo aver trovato dentro di essa del mangiare.

Facendo le osservazioni arrivai alla conclusione che i macachi necessitavano 27 prove per fare la distinzione e non sbagliarsi più. Incantato dal risultato, mi domandai quanto tempo sarebbe occorso loro per imparare a distinguere una croce da due linee parallele. Il nuovo esperimento mi mostro che ai macachi bastava una prova per distinguere tra la croce e le parallele. Sorprendente? Nel fare la mia relazione dissi che i macachi non avevano alcuna difficoltà nel fare le nostre stesse distinzioni nell'ambito visuale e che l'apparente lentezza nell'apprendimento non era dovuta alla distinzione, quanto alla necessità di scoprire “come una legge generale dell'Universo” che io ero molto insistente e mettevo il cibo sempre sotto la stessa figura in ogni serie di esperimenti. Tutti risero di me, però i professori approvarono il mio saggio dopo aver ascoltato i miei argomenti.

Gli esseri viventi, di qualsiasi classe essi siano, apprendono le leggi generali dell'universo che tocca loro di vivere e guidano il proprio vivere con queste leggi generali. Noi esseri umani in quanto esseri viventi, facciamo lo stesso, ma la nostra peculiarità è che dal nostro apprendimento delle leggi generali dell'universo creiamo tecnologie, religioni, scienze e filosofie, come ambiti di pensiero e azione sostenuti da teorie che guidano il nostro vivere e che, poi, usiamo per giustificare il nostro agire. Dopo aver inventato la radio a pile, nasce tutta la robotica dalla trasformazione della struttura della radio e la visualizzazione dello spazio relazionale nel quale potrebbero operare i nuovi artefatti. Nulla di straordinario, solo un poco più della stessa cosa, con nuove intenzioni e desideri.

Noi esseri umani senza dubbio desideriamo qualcosa in più del fascino della conoscenza delle leggi generali dell'universo. Vogliamo [1] certezze nel nostro governo del mondo in cui viviamo e [2] le vogliamo per mezzo della applicazione delle leggi generali dell'universo, pensando che l'applicazione di queste leggi non solo ci dia potere di azione ma ci liberi anche dalla responsabilità per le nostre azioni poiché, poi diciamo, stiamo utilizzando processi naturali. Desideriamo che tutto accada come vogliamo, che accada come desideriamo, in qualsiasi dominio, umano e non. Per riuscire a mettere in atto questa doppia intenzione, inventiamo teorie sulla condotta umana e sul benessere, cercando leggi generali dell'universo che giustifichino ciò che facciamo, con l'obiettivo di ottenere i risultati che vogliamo a qualsiasi costo, argomentando che usando queste leggi il nostro agire è razionale e obiettivo e pertanto di validità universale e trascendente.

Con questo sentire desideriamo anche governare: vogliamo essere governanti razionali, giusti a partire dalla ragione. Ma l'ambito umano non è come quello non umano: le molecole, le cellule, i metalli, le plastiche non si arrabbiano, gli esseri umani si. Studiamo le leggi del mercato, le leggi della mente umana, come opera il sistema nervoso, come operano le emozioni, … per assicurarci attraverso di esse che le azioni dei consumatori, del pubblico, dei cittadini siano come le desideriamo. Ma nessuno, in ultima istanza, vuole questo, non vogliamo essere manipolati, non vogliamo che altri determino le nostre azioni e il nostro pensiero; ciò che vogliamo è essere responsabili del nostro agire attraverso la comprensione.

Non vogliamo essere sedotti, vogliamo scegliere, non desideriamo essere sottomessi all'arbitrio di altri, vogliamo essere autonomi, etici e quindi responsabili coscienti dei nostri atti. Nessun essere vivente può star bene sottomesso all'arbitrio di altri. La nostra peculiarità in questo rispetto è che noi esseri umani possiamo riflettere e scegliere tra i nostri desideri, possiamo scegliere ciò che vogliamo vivere.

In questo quadro, quale sarà l'arte di governare? Naturalmente come in tutto ciò che è umano, dipenderà da quello che desideriamo conservare nel nostro vivere e nel mondo di convivenza che vogliamo contribuire a generare quando ci tocca l'onere di governare. Una delle leggi generali dell'Universo dice che non possiamo determinare arbitrariamente ciò che succede né nel mondo naturale né in quello umano. Non disponiamo di una bacchetta magica. Per questo l'arte di governare è l'arte di coordinare volontà, desideri, voglia di fare quello che sappiamo fare, nel momento opportuno e nel luogo adeguato. Vale a dire, l'arte di governare è l'arte di coordinare emozioni. Come? A partire dall'esigenza di manipolare l'altro oppure dal rispetto reciproco che accoglie e rende possibile?

Il governare si muove tra queste due emozioni estreme: l'obbedienza e la collaborazione. L'obbedienza nasce dalla negazione di sé stessi nella paure di fronte alla minaccia; la collaborazione nasce dal rispetto di sé stessi nel piacere di fare quello che si fa, insieme ad altri. Nell'obbedienza si esige rigidità e si restringono le condotte intelligenti, si nega la persona, non si possono correggere gli errori poiché il loro riconoscimento è una minaccia in quanto dubbio sull'onestà, si puniscono facendo così un invito alla menzogna. Nella collaborazione si amplifica l'azione intelligente e creativa, si possono correggere gli errori poiché non si minaccia mai il vivere, anzi c'è il rispetto per l'errore perchè non si dubita dell'onestà. Ma soprattutto, quale sentiero vogliamo percorrere nel governare, dipende dal mondo che vogliamo vivere. Vogliamo un mondo di persone integre o un mondo di persone risentite? Un mondo aperto alla correzione degli errori o rinchiuso nelle apparenze?

Solamente nella convivenza democratica generata giorno dopo giorno nella collaborazione, si vive nel rispetto per sé stessi e per gli altri, di modo che i bambini e le bambine apprendono questa modalità di vivere come il loro proprio convivere, spontaneamente desiderabile. Solo in un governo che si fonda sul mutuo rispetto a partire dall'onestà, trova posto la democrazia come ambito di convivenza nel progetto comune che genera, giorno dopo giorno, questo modo di convivere come ambito di collaborazione di questo stesso convivere.