Sul sito www.matriztica.cl vengono pubblicate periodicamente delle Riflessioni "inaspettate" Humberto Maturana. Ogni tanto mi permetto di tradurle per gli amici italiani. Buona lettura a tutti.
Cosa vogliamo esattamente quando CHIEDIAMO o ESIGIAMO ciò che vogliamo? Mi sono chiesto molte volte che cosa fa esattamente qualcuno che chiede e cosa fa esattamente un persona quando invece esige. Qual è l'emozione che guida la mano e la voce di chiede e di chi esige, nelle due differenti situazioni?
Senza dubbio quando chiedo, ammetto che potrei non ricevere ciò che sto chiedendo, soprattutto quando chiedo “per favore”. Quando chiedo voglio qualcosa che l'altra persona può darmi, se vuole ed ho bisogno di questo suo desiderio di fare questa cosa per me. Nel chiedere ho la speranza che l'altra persona ascolti le argomentazioni con le quali appoggio la mia richiesta e che si senta, da queste, ispirata. Oppure desidero che le ragioni che presento a sostegno della validità della mia petizione convincano questa persona perché lei stessa trova, senza saperlo, che queste ragioni si fondano nella medesima configurazione di desideri e sensazioni che sorreggono il suo ragionare, ragion per cui non può negare le mie richieste. Nel fare una richiesta ho bisogno che l'anima di chi può soddisfarla “si accordi con la mia” e mi accolga. Se questo non succede, la mia petizione non può essere udita. Se invece accade che la mia richiesta sia udita, affinché poi sia soddisfatta, l'altra persona deve trovare o avere di suo i mezzi per poterla soddisfare. E nel caso non abbia a disposizione i mezzi per soddisfare la mia richiesta, la configurazione delle emozioni (sensi) in cui si trova, lasciano aperta la possibilità di una conversazione co-ispirativa in un progetto che possa soddisfare la mia richiesta.
Quando esigo, metto in dubbio la possibilità di essere ascoltato dall'altro o dall'altra, dubito che i suoi desideri e i miei possano coincidere. Allora ricorro ad una minaccia, occulta o esplicita, a partire dalla fiducia che ripongo nel fatto che il diritto o la forza potranno assistermi. L'atto di esigere attacca, non invita, l'atto di esigere separa, non avvicina. L'atto di esigere, accusa l'altro o l'altra, di non voler tener fede ad un impegno o di non voler soddisfare una necessità legittima. L'esigere nel suo essere belligerante, chiude o restringe la possibilità della riflessione perché irrigidisce la relazione diminuendo la possibilità che questa si trasformi in una opportunità di collaborazione in un progetto comune di convivenza o di azione.
Vogliamo davvero migliorare l'educazione noi, gli studenti, gli insegnanti e tutte le autorità nazionali?. Se questa è la petizione, così da sola, non è sufficiente poiché è richiesta l'azione di coloro che la ricevono e la accettano. E l'atto di esigere serve ancora meno perché la sua mera formulazione ci separa. Se siamo onesti nel dichiarare che vogliamo migliorare l'educazione nel paese quello che dobbiamo fare è conversare, generare un mondo comune di cose possibili a farsi, un ambito di co-ispirazione che coordini le nostre volontà nella realizzazione coordinata di queste possibili atti in un universo che ci risulta comune perché nasce dall'ascolto dei nostri desideri pienamente e totalmente nel rispetto reciproco. Solamente se facciamo questo, nella meravigliosa disuguaglianza del rispetto reciproco, che ci consegna la libertà nella completa fiducia che faremo ciò a cui saremo co-ispirati; potremo farlo correggendo l'errore nella misura in cui sorge nel nostro convivere. Se non siamo disposti a questo, solo potremo generare dolore, lotte, cecità e disonestà.
Questo è difficile? A me pare di no e mi pare che ora sono giunti il nostro tempo e la nostra opportunità. Poiché “ora” è quando il desiderio di migliorare l'educazione per tutti si è reso presente nel paese, nei giovani e negli adulti ed è anche nostra responsabilità etica e sociale.
Quali oneste scuse potremmo inventare per NON fare onestamente ciò che dobbiamo fare e se sappiamo che vogliamo farlo e non vogliamo né mentire né prevaricare?
Saluti
Humberto Maturana
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